In questa rubrica ho toccato davvero tanti temi o sfaccettature che possono essere collegati o concatenati al mondo della disabilità perché sempre di vita e di persone si tratta.
Proprio per questo non voglio depennare dalla lista il tema della sessualità, non voglio che nemmeno voi che leggete siate vittime inconsapevoli di un tabù: credere che la sessualità vada nel verso opposto al mondo della disabilità.
Sessualità e disabilità
Prima di addentrarmi nell’argomento, cerco di mettere in risalto un punto fondamentale per non tirare conclusioni fuorvianti: nel mondo della disabilità non siamo tutti uguali, non abbiamo gli stessi limiti o non proviamo le stesse emozioni, siamo tutti diversi e questa volta direi che è un pregio da valorizzare.
Nel limite delle possibilità fisiche, anche le persone disabili fanno sesso, possono farlo e provano pulsioni. Sbagliato è credere il contrario.
Quando in Italia associamo questi due temi, la disabilità e il sesso, creiamo sempre del panico e del mormorio nella società. Piovono domande che meriterebbero, spesso, risposte mute: Come fanno a farlo? Chi lo fa con loro?
Il sesso per una persona disabile
E’ tutta questione di spazi, di manovre, di coinvolgere ad esempio la carrozzina come parte integrante della situazione. La mia femminilità è un bilancio che non è stato facile raggiungere: c’erano sempre gli sguardi e le domande cretine con cui fare i conti. Ma a un certo punto ho fatto pace con me stessa, e ho accettato il mio corpo. Non è questione di fare, di arrivare in fondo all’atto, di considerarlo un’esperienza meccanica ad incastro, fare sesso è molto di più: è decidere, è esplorare, è provare, è fare. Il sesso per una persona disabile è uguale al sesso per una qualsiasi altra persona. E’ questione di volerlo, di manovre un po’ più ragionate, ma la carnalità e la sfrontatezza dell’atto rimane invariato, non si sta pilotando una macchina telecomandata, almeno in questo caso si abbandonano anche le ruote.
Non riesco ad arrampicarmi su nessun pulpito, quindi ognuno di voi cerchi la risposta che lo rende più felice e più ignorante sul tema, io mi limiterò a raccontare cosa si dovrebbe fare per lasciar vivere le persone come meglio credono, anche con pochi vestiti addosso.
L’assistente sessuale
Altra associazione di concetto, completamente sbagliata, è quella che unisce la sessualità all’assistenza sessuale. L’assistente sessuale è persona formata professionalmente, che aiuta il disabile a vivere a 360 gradi la propria dimensione sessuale, soprattutto da un punto di vista affettivo recita la definizione, ma spesso la percezione di questa figura sia nelle persone con disabilità sia per la società è l’opposto.
Molte persone con disabilità vedono in questo approccio l’unica strada possibile per provare l’esperienza del piacere sessuale e da un lato rendono più meccanico l’atto e meno emozionale da un punto di vista di costruzione del rapporto con l’altra persona. Le persona disabile tende a raggiungere l’obiettivo investendo sempre meno se stesso senza capire di auto infliggersi un danno.
L’assistenza sessuale ha senso di esistere per quelle patologie invalidanti che non permettono di poter dar sfogo alle pulsioni, ma va contestualizzata a livello di comunicazione o il danno del messaggio sarà irreparabile per sfatare il tabù iniziale.