Le aziende italiane che si occupano di dispositivi medici sono presenti sui social? se sì sono attive? e con quali intenti?
A chiederselo, e dedicarci una intera tesi di laurea, è stata Engerta Gjepali, neolaureata dell’Università di Verona nel Corso di Laurea Magistrale in Marketing e Comunicazione d’Impresa.
Engerta ci ha contattato qualche mese fa per chiederci di collaborare al suo progetto di tesi, condividendo con lei alcune informazioni sulla nostra social media strategy. Lo abbiamo fatto con la promessa di risentirci in chiusura del suo lavoro, per parlare insieme delle importati conclusioni tratte.
Buongiorno Engerta da dove nasce l’idea della tua tesi?
Ho svolto uno stage presso Service Med SpA, un’azienda del veronese che opera nel settore dei dispositivi antidecubito da oltre 20 anni. Qui è nata in me la curiosità di comprendere come il settore delle aziende italiane di dispositivi medici comunicasse sui social, differenziando l’analisi tra aziende strettamente B2B, che hanno per interlocutori finali della propria offerta esclusivamente altre aziende, aziende B2B2C, il cui prodotto si rivolge sia ad altri interlocutori business che ai consumatori finali, e B2C, ovvero rivolte all’utente finale.
Come hai svolto le tue analisi?
Ho svolto diverse analisi empiriche attraverso ricerche sia quantitative, con cui ho cercato di comprendere il livello di diffusione della presenza sui social, che qualitative, con cui ho voluto analizzare la strategia e la percezione dei social network da parte delle aziende.
E a quali conclusioni sei giunta?
Nonostante la larghissima diffusione dei social media negli ultimi anni, possiamo dire che le aziende medicali che li hanno effettivamente integrati con i loro obiettivi strategici, siano davvero poche.
In termini di numeri, su un campione complessivo di oltre 100 aziende sondate, ho potuto verificare che, sebbene ben il 72% possiede almeno un profilo social, solo il 31% è effettivamente attiva almeno su una piattaforma.
ed in termini qualitativi?
Qui emergono i dati più interessanti, a mio parere. Ovvero grazie alle interviste che ho effettuato, tra cui anche quella che vi ha visto protagonisti, ho potuto comprendere l’effettivo uso dei social nelle aziende medicali italiane.
E cosa ne è emerso?
Ne è emerso un quadro di generale ritardo, con pochi casi in contro-tendenza. In generale le aziende medicali non hanno ancora compreso le potenzialità e le opportunità di questi strumenti. Hanno iniziato ad approcciarli , pur senza un chiaro piano strategico, o senza realmente prevedere l’adozione di effettivi metodi di misurazione dei risultati ottenuti.
Hai indagato le cause di questo status quo?
Sì, da un lato ci sono specificità settoriali legate alla complessità e alla tipologia degli argomenti trattati. Produrre contenuti da diffondere sui social non è infatti semplice, ed implica la capacità del copywriter di tradurre in termini semplici le indicazioni di product specilist, responsabili del reparto ricerca e sviluppo o specialisti in tema di normative…
e dall’altro?
Dall’altro, a livello generale, ho constatato una cultura manageriale spesso poco propensa ad individuare nei social uno strumento non direttamente correlato ad obiettivi di ordine commerciale.
Cosa consiglieresti alle aziende del nostro settore?
Consiglierei di allargare la loro visione, rivalutando i social network in qualità di preziosi strumenti grazie ai quali diffondere la loro cultura, coinvolgere i propri dipendenti, mostrare i propri risultati o raccontare la propria storia ai fini di migliorare la propria immagine o reputazione.
ed a noi di Moretti nello specifico?
Il vostro caso è uno di quelli in controtendenza a cui mi riferivo prima. Moretti ha un preciso posizionamento social ed un’attività di comunicazione effettivamente integrata con gli obiettivi aziendali. Forse il mio consiglio, per voi, è quello di guardare con attenzione per lo più alle aziende estere, che da tempo hanno fatto propri questi strumenti
Grazie Engerta! ed auguri per il tuo futuro!